Si chiama Robertson Stem Cell Investigator Award. È il premio che viene riconosciuto a quei ricercatori che, con i loro studi innovativi, possono aprire nuove strade nel campo della ricerca scientifica sulle cellule staminali. Viene assegnato dalla New York Stem Cell Foundation, la realtà che dal 2005 opera per colmare il divario tra istituti di ricerca e aziende farmaceutiche cercando di ridurre costi, tempi e rischi che, storicamente, inibiscono lo sviluppo di nuovi trattamenti e cure. Il finanziamento da un milione e 500mila dollari stanziato dalla NYSCF è finito quest’anno al team della Fondazione Telethon dell’istituto San Raffaele di Milano guidato dalla dottoressa Raffaella Di Micco. La somma servirà a sostenere, per cinque anni, i suoi studi sulla terapia genica che potranno suggerire nuovi approcci nel trattamento delle malattie genetiche rare del sangue.
Dottoressa, per la prima volta questo riconoscimento finisce a una ricercatrice italiana che lavora in Italia.
«È una soddisfazione enorme. Era già capitato che a riceverlo fossero stati colleghi italiani, ma mai persone che operassero nel nostro Paese. Generalmente i luoghi di lavoro erano sempre sul territorio degli Stati Uniti, quindi tutto ciò per me e per il team che dirigo assume un significato ancora maggiore».
La dottoressa Raffaella Di Micco
Spieghiamo meglio come nasce questo premio e a chi viene assegnato?
«Si tratta di un riconoscimento destinato a quei ricercatori che propongono tecniche innovative nell’ambito delle cellule staminali. Viene assegnato sulla base di quanto, quella ricerca, nell’arco di cinque anni, possa passare dalla ricerca di base all’applicazione clinica per il trattamento di determinate malattie».
Che nel suo caso riguardano le malattie del sangue
«Noi lavoriamo sulle cellule staminali del sangue, compreso quello cordonale. Vogliamo sviluppare ricerche per combattere le malattie genetiche rare legate all’ambito ematologico. Facciamo ricerca di base, da applicare in maniera trasversale, da ormai cinque anni, da quando cioè nel 2015 sono tornata in Italia dagli Stati Uniti. Grazie alla Fondazione Telethon sono qui e ho la possibilità di guidare questo team».
Telethon è da sempre impegnata nella ricerca sulle malattie genetiche rare: cosa può cambiare con questo finanziamento?
«Per metodologie di azione e tecnologie di applicazione, la terapia genica è un qualcosa in continua evoluzione. Per quanto ci riguarda, daremo il nostro contributo sviluppando nuove tecniche 2.0 così da portare una migliore classificazione di queste malattie e migliorare l’efficacia dell’azione portata avanti dalla Fondazione Telethon. Il nostro obiettivo è spingere queste capacità il più avanti possibile in modo tale da curare questo tipo di malattie».
AVIS Nazionale da anni collabora con Telethon per sostenere la ricerca contro le malattie genetiche rare del sangue: quanto merito c’è da parte dei donatori in tutto questo?
«Il ruolo dei donatori è fondamentale. Se non ci fossero, nessuno di noi avrebbe modo di poter effettuare le ricerche che sono alla base del nostro lavoro. Anche perché il mio team studia su campioni umani, quindi il sangue, compreso quello cordonale, è necessario per consentire a tutti noi di scoprire cose nuove e proporre scenari innovativi per trattamenti e cure da destinare a migliaia di pazienti».