I vaccini garantiscono risposte efficaci anche nei casi in cui le terapie generano difficoltà all’organismo nella produzione di anticorpi. In particolare, nei pazienti affetti da tumori del sangue. È stato uno dei temi al centro delle Giornate dell’Ematologia e dell’Oncoematologia, l’evento annuale promosso da Koncept e AIL Firenze per fare un bilancio sulle malattie del sangue in vista del prossimo appuntamento del 25 novembre.
Nel corso dell’incontro online, c’è stato modo anche di ribadire la straordinaria importanza che la donazione di sangue ed emocomponenti ricopre in questo ambito. Un’occasione anche per rispedire al mittente le fake news circolate sulla rete nei giorni scorsi. Come ha spiegato il presidente di AVIS Nazionale, Gianpietro Briola, nel corso del suo intervento, «ogni giorno circa 1800 pazienti ricevono trasfusioni salvavita, per questo i donatori vanno tutelati e devono sentirsi parte del sistema sanitario. Nei prossimi anni la richiesta di emocomponenti sarà sempre maggiore, ecco perché dobbiamo farci trovare pronti». A fugare i dubbi sulla qualità del sangue delle persone vaccinate contro il Covid ci ha pensato anche il direttore del CNS, Vincenzo De Angelis: «Chi ha ricevuto il vaccino può e deve donare il sangue, stiamo andando verso l’estate e non vorremmo trovarci a inseguire i donatori sulla spiaggia. Dopo la vaccinazione c’è solo un periodo di sospensione di 48 ore, poi si può donare».
Il virus ha costretto il 18% dei pazienti affetti da tumori del sangue che sono stati contagiati al ricovero in ospedale. Come ha sottolineato il professor Alessandro Vannucchi, (ordinario di Ematologia al Dipartimento di Medicina sperimentale e clinica dell’Università di Firenze, e Direttore della SODc Ematologia dell’AOU Careggi), «i pazienti con neoplasie di questo tipo sono soggetti a contrarre il virus più del doppio rispetto a quelli di controllo. Il momento più delicato è quando viene effettuata la diagnosi e si avviano le prime terapie. Delle persone costrette al ricovero, per la maggior parte si è trattato di giovani con comorbidità ridotte, un dato che potrebbe dimostrare che l’intensività delle cure è più fattibile per i giovani che per i pazienti in età avanzata». Il professore ha presentato i primi risultati di uno studio, ancora in corso, condotto dall’Italian Hematology Alliance on Covid-19 che ha preso in esame 1.126 casi in 69 centri sanitari del Paese. Seppur la negativizzazione del virus sia stata più lenta così come lo sviluppo degli anticorpi, la ricerca ha dimostrato però che «i vaccini risultano efficaci. L’immunità è stata riscontrata nella stragrande maggioranza dei pazienti vaccinati e il fatto di aver generato una risposta sotto questo aspetto rappresenta un risultato prezioso per proseguire con convinzione nella campagna vaccinale».