Lo ripetiamo spesso, ma tante volte non gli si presta la giusta attenzione: essere donatori significa compiere un gesto che salva la vita a tantissime persone, ma serve anche a prendersi cura di sé. Controlli ciclici, dialogo con gli specialisti, tutto quello che serve per mantenere sotto controllo la propria salute e, conseguentemente, la qualità degli emocomponenti che si donano.

La storia che raccontiamo oggi, che è estremamente significativa sotto questo aspetto, arriva da Imola. Qui vive Giorgio Tinti, 65enne, che ha di recente effettuato la sua 120ª donazione. L’ultima in realtà. Sì perché dopo la seduta, il personale di Avis Comunale gli ha proposto la possibilità di sottoporsi a un controllo cardiologico gratuito: «Ho accettato perché mi era parsa un’opportunità importante – racconta – nonostante non avessi mai accusato alcun problema di questo tipo». Ebbene, dall’esame emerge che Giorgio soffre di fibrillazione atriale. Risultato, stop all’attività da donatore.
Un dispiacere per lui che aveva appena “festeggiato” il 40° anno da avisino: «Avevo iniziato nel 1983 e sarei andato avanti ancora, nonostante i miei 65 anni. Mi è dispiaciuto dover interrompere, anche perché per me l’esito dell’elettrocardiogramma è stato una sorpresa: mai accusato sintomi, né da ragazzo né in epoca recente». Lui che peraltro è l’esempio perfetto di persona attenta a mantenere stili di vita sani, visto che da sempre ha praticato sport o pallavolo. Una “carriera” da donatore che Giorgio ha portato avanti insieme alla moglie Marina e una sensibilità che, insieme, sono riusciti a trasmettere anche al figlio Lorenzo, medico neurologo che da anni vive e lavora a Milano.
Ma come è nata la scelta di diventare donatore? «Ho deciso perché 40 anni fa vedevo la pubblicità di Avis ovunque, sia sui giornali che per strada. Sentivo che c’era sempre richiesta di sangue e quindi ho voluto cominciare a fare la mia parte: in fin dei conti è una pratica non invasiva che non costa nulla, quindi perché non farlo? Per questo mi è dispiaciuto interrompere – prosegue – perché avrei continuato volentieri a dare il mio contributo a chiunque avesse avuto ancora bisogno di me».
Che messaggio possiamo mandare a chi ancora non ha compiuto questa scelta? «Quello che mi sento di dire, soprattutto ai giovani, è che donare non priva nessuno delle proprie passioni e dei propri interessi. Si tratta di una scelta che salva la vita a migliaia di persone, che permette di tenere costantemente monitorata la propria salute e, come nel mio caso, scoprire patologie che non si pensa di avere. Fatevi avanti – conclude – non c’è alcun pericolo. In un mondo ricco, ahimè, di egoismi, possiamo insieme mandare un segnale positivo e giusto a tutti».