Terapie sempre più efficaci, sicurezza degli emocomponenti e poi il supporto quotidiano, anonimo e gratuito di migliaia di donatori. Quando Loretta e suo marito, sapendo di essere portatori sani di talassemia, hanno deciso di diventare genitori, la spinta per capire che sarebbe stata la scelta giusta è arrivata proprio da questo: dalla consapevolezza che, grazie alla ricerca e alla solidità del nostro sistema trasfusionale, oggi vivere con questa malattia del sangue è possibile.
Loretta con le figlie Ambra (a sinistra) e Veronica (a destra)
Loretta ha 44 anni, lavora in banca e vive a Piove di Sacco, in provincia di Padova. È mamma di Veronica e Ambra, due bambine rispettivamente di 9 e 7 anni, entrambe talassemiche: «Sapevamo che sarebbe stata una scelta coraggiosa, ma allo stesso tempo eravamo consapevoli di quanto, rispetto a un po’ di anni fa, lo stile di vita per chi è affetto da questa patologia fosse migliorato. Dalla qualità del sangue donato alla terapia chelante (la cura delle intossicazioni da metalli pesanti, in primis il ferro che aumenta di quantità per via delle trasfusioni ripetute, ndr) i passi in avanti compiuti fino ad oggi ci hanno permesso di agire con sicurezza». Nate a Padova, alle piccole viene riscontrata la talassemia praticamente da subito, tant’è che entrambe iniziano le trasfusioni a 6 mesi di vita: ogni 15-20 giorni Veronica riceve due sacche e Ambra una. Lo sa che il percorso non sempre è semplice, ma Loretta, in quanto mamma consapevole, sa anche come spiegare alle figlie il perché di queste visite ripetute in ospedale.
Veronica e Ambra
«Ogni volta trasformiamo tutto in un gioco, in una giornata in cui trascorriamo più tempo del solito insieme e a pranzo possiamo fare qualche strappo alla regola – racconta sorridendo – Nel reparto organizziamo delle piccole cacce al tesoro e creiamo momenti di svago per contenere l’impatto che la visione dell’ago può generare sulle bambine». Bambine che non sembrano soffrire della loro condizione, nemmeno a scuola, dove magari il confronto tra coetanei potrebbe provocare qualche malumore. E tutto questo è un qualcosa che trasmette serenità anche a Loretta: «A entrambe dico sempre che, come gli altri bambini possono aver bisogno dell’oculista o manifestare altre problematiche, così loro hanno necessità di globuli rossi. Essere talassemici non vuol dire essere diversi, ma essere sé stessi». E la cosa funziona. Oltre all’ottimo rendimento scolastico di entrambe, Veronica è anche impegnata con la ginnastica ritmica: «Tutto è possibile grazie ai donatori – dice – ci rifletto spesso e mi rendo conto che troppe volte diamo per scontata la disponibilità degli emocomponenti che per le mie figlie e tanti come loro rappresentano una speranza di vita. Mio marito ed io le abbiamo fatte nascere, ma se possono crescere è grazie a chi ogni giorno, in maniera generosa, scrupolosa, anonima e gratuita, assicura scorte di sangue e plasma agli ospedali. Ecco perché non smetterò mai dire grazie».
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