
Nuovo passo avanti verso la terapia genica della beta-talassemia, campo in cui Avis è attiva con il finanziamento di progetti di ricerca adottati dalla Fondazione Telethon.
Tali studi, condotti da Francesco Turrini (Caratterizzazione dei meccanismi di eritrofagocitosi nelle sindromi beta talassemiche) e da Roberto Gambari (Modificatori dell'espressione di geni globinici per il trattamento terapeutico della betatalassemia) riceveranno importanti indicazioni operative grazie a una ricerca condotta dall'Istituto San Raffaele-Telethon per la Terapia Genica.
Questa indagine ha dimostrato nei topi come le cellule staminali emopoietiche (cioè quelle cellule destinate a crescere e a differenziarsi in cellule del sangue), corrette con la terapia genica e trapiantate nell'organismo, abbiano un forte vantaggio rispetto a quelle malate e riescano – seppure in minoranza – ad assicurare una normale produzione di globuli rossi.
La beta-talassemia, o morbo di Cooley, gravissima forma di anemia ereditaria. Tale patologia è dovuta a un difetto nel gene della beta-globina, una delle porzioni che formano l'emoglobina. Questa proteina è contenuta nei globuli rossi del sangue e normalmente trasporta l'ossigeno destinato ai tessuti dell'organismo. La forma di Cooley è quella più grave fra tutte le talassemie, che nell'insieme, secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, sono al primo posto nel mondo fra le malattie ereditarie monogeniche.
Particolarmente colpite le popolazioni del bacino del Mediterraneo: solo in Italia, i pazienti sono circa 6000.Al momento l'unica terapia che assicura una guarigione definitiva è il trapianto di cellule staminali del midollo osseo, ma non sempre si dispone di un donatore compatibile.
Con la terapia genica, invece, non occorrerebbe trovare un donatore. La strategia prevede infatti di prelevare le cellule staminali del malato e iniettarvi un vettore virale, un comune virus reso innocuo, contenente una copia corretta del gene della beta globina. Le cellule trattate vengono poi reinfuse nel paziente e danno vita a globuli rossi sani.Spiega Giuliana Ferrari, coordinatore dello studio e responsabile Unità di Trasferimento Genico in Cellule Staminali al San Raffaele TIGET: "La novità della nostra ricerca sta nel fatto che per la prima volta abbiamo dimostrato che le cellule staminali corrette con il vettore sono avvantaggiate rispetto a quelle malate e riescono a compiere perfettamente il percorso fino allo stadio di globulo rosso".