Non si è mai pronti alle sfide. Quantomeno a quelle inaspettate. Una sola cosa è certa: indietro non ci si può tirare. L’unica soluzione è quella di rimboccarsi le maniche, respirare e affrontare ciò a cui la vita ci ha messo di fronte. Anche quando si è piccoli. Piccolissimi.
Tre mesi è l’età che aveva Elide (oggi ha 19 anni) quando ha iniziato ad affrontare la sua di sfida, la talassemia: «In quel momento pesava 2 chili e mezzo – racconta la mamma, Loredana Chiriatti – ma appena nata ne pesava più di quattro. Non aveva la forza nemmeno di tirare il latte da me». Loredana è originaria della provincia di Brindisi e oggi vive a Bassano del Grappa insieme al marito, a Elide appunto e agli altri due figli, Samuel (23) e Davide (12). Lavora in un’azienda di metalmeccanica e, come volontaria, è impegnata nell’organizzazione di eventi per promuovere la conoscenza della talassemia e nell’assistenza delle persone anziane ricoverate in ospedale.
Elide
Le avvisaglie che nella piccola le cose non vadano proprio benissimo si registrano subito: «Già nella culla mia figlia soffriva di apnee – spiega – e la pediatra sospettò che potesse esserci qualche problema. Al pronto soccorso, tuttavia, non ci dissero nulla, anzi: fecero passare me per la classica mamma apprensiva». E infatti Loredana aveva ragione: «Dovetti insistere per farla ricoverare ed effettuare degli esami del sangue da cui risultò che aveva l’emoglobina a 6. A Ferrara, centro specializzato per la talassemia, confermarono la diagnosi e mia figlia iniziò con le trasfusioni». Le apnee di cui la piccola soffriva erano l’effetto della malattia e del livello basso di emoglobina che comportava la formazione di bolle nel sangue proprio all’altezza del cervello.
Elide comincia a ricevere le sacche salvavita, ma gli ostacoli per lei non sembrano finire. Oltre all’intervento chirurgico di urgenza alla colecisti a cui deve sottoporsi all’età di 8 anni, a 10 viene colpita da eritropoiesi extramidollare: il midollo, in pratica, inizia a produrre globuli rossi deformati che, a loro volta, deformano anche le ossa della bambina. A cominciare dalle ginocchia, tanto da costringerla a finire sotto i ferri ogni anno per applicare e poi rimuovere le protesi necessarie a dare la giusta forma alle articolazioni. Tuttavia, il peggio oggi sembra passato.
«Elide conduce una vita bellissima – dice mamma Loredana – e addirittura è lei che incoraggia le sue amiche quando si trovano in difficoltà. Il giorno in cui deve andare in ospedale (riceve due sacche ogni 18 giorni, ndr) racconta sempre che si considera come una delle pazienti più fortunate». Questo suo approccio positivo alla vita, nonostante le difficoltà che ne hanno caratterizzato il periodo della crescita, ha portato la giovane a scegliere il percorso di studi di Psicologia Sociale all’università di Padova: «Il suo desiderio, infatti, è quello di lavorare come psicologa all’interno delle carceri – prosegue – inoltre fa pattinaggio artistico, disciplina di cui è anche insegnante». Insomma, una vita piena come ogni ragazza della sua età dovrebbe vivere. E i problemi dell’adolescenza, compreso qualche episodio di bullismo a scuola per via della sua condizione, sembrano superati: «Molti sport non poteva praticarli, come lo sci ad esempio. Poi piano piano si è presa le sue rivincite e oggi per noi il regalo più bello è vederla sorridere. La malattia di Elide le ha insegnato a non mollare mai, che tutto è possibile. E, devo essere sincera, lo ha insegnato anche a noi che le siamo accanto».
Un'altra immagine della giovane
Nel recente passato, il Covid, in particolare il primo lockdown scattato a marzo 2020, qualche timore lo aveva creato però: «In ospedale molti pazienti hanno dovuto ridurre la propria terapia o, addirittura, saltarla a causa della carenza di sangue. Fortunatamente a noi questa cosa non è capitata, ma ogni volta che Elide doveva ricevere la trasfusione avevamo il terrore che ci dicessero di tornare a casa». E le fake news che circolavano pericolosamente all’inizio di quest’anno di certo non aiutavano: «Io non ho mai creduto a simili follie che pretendevano di andare oltre anche alla medicina e alla ricerca scientifica – conclude Loredana – I donatori ci hanno permesso e ci permettono di raccontare storie come quella di Elide. Senza di loro non ci sarebbe vita, né per i bambini né per qualsiasi altra persona».
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