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«La medicina trasfusionale? Un settore da difendere e valorizzare»

Parla il professor Simone Baldovino, direttore del Master organizzato dal Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche dell’Università di Torino: «Formare il personale sanitario infermieristico significa agevolare i medici nel processo di selezione del donatore. Le scorte di emocomponenti sono strategiche per qualsiasi ospedale»

Un percorso della durata di dodici mesi per accrescere le competenze di chi è impegnato in ambito sanitario, promuovendo le conoscenze medico legali e il percorso delle persone che donano sangue e plasma. Il Master universitario di 1° livello sulla Medicina Trasfusionale, organizzato dal Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche dell’università di Torino è alla sua prima edizione. Si tratta di un percorso annuale nato dall’esigenza di fornire un contributo concreto a un problema con cui il nostro sistema nazionale convive da tempo e che proprio l’emergenza pandemica ha accentuato: la carenza di personale. Il professor Simone Baldovino è il direttore del Master e con lui abbiamo provato a capire meglio le esigenze e gli obiettivi che hanno portato alla nascita di questo percorso formativo. Perché, come confessa lui stesso, «qualsiasi ospedale, senza scorte di emocomponenti sarebbe inutile».

 

ProfessorIl professor Simone Baldovino

Professore, presentiamo questo Master.

«Si tratta di un programma nato dall’esigenza, da parte dell’università, di attivare un percorso di formazione di secondo livello che non fosse rivolto solo ai medici, ma anche al personale infermieristico. Inoltre, in vista del prossimo anno, l’intenzione è quella di coinvolgere anche i tecnici di laboratorio così da fornire maggiori e più approfondite conoscenze in ambito trasfusionale».

 

Si tratta della prima edizione: da cosa è nata questa esigenza?

«Qui a Torino è la prima edizione, altre tipologie simili vi sono già, ma hanno finalità diverse dalla nostra. Nei fatti si rivolgono a figure già impegnate in questo settore. Noi vogliamo ampliare il ventaglio di conoscenza di chi ha già competenze accademiche, ma anche valorizzare chi può collaborare attivamente nel processo di selezione del donatore».

 

La pandemia ha avuto un “ruolo” in tutto questo?

«Senza dubbio il Covid ha comportato anche sul nostro territorio un’inevitabile riorganizzazione sanitaria che si è ripercossa anche sulla gestione delle attività trasfusionale. Già da due anni, insieme al Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche stavamo lavorando per dare vita a un Master come questo. Poi lo scorso anno siamo stati contattati dalla Banca del sangue e dal Centro trasfusionale di Torino che hanno manifestato l’esigenza, a livello regionale, di implementare il personale sanitario. Ecco allora la necessità di formare quegli infermieri che potessero così collaborare con i medici anche in processi nei quali non venivano coinvolti direttamente».

 

La carenza di personale è infatti il problema che affligge il settore trasfusionale: il Master può diventare un modo per provare a risolverlo?

«La nostra speranza è proprio questa. Il desiderio è quello di formare più persone possibili e, se possibile, contribuire attivamente a far sì che la medicina trasfusionale venga vista anche come un percorso più appetibile sotto l’aspetto professionale».

 

Come stanno procedendo le iscrizioni?

«Bene, ma c’è un dato che non ci aspettavamo. Credevamo di ricevere richieste da chi già operava in questo ambito per accrescere ulteriormente le proprie competenze. Tutto questo sta avvenendo, ma stiamo registrando le domande di partecipazione da chi è impegnato in altre branche della medicina: probabilmente ciò è dovuto dall’esigenza di confrontarsi e imparare cose nuove e diverse».

 

Che obiettivi vi siete posti?

«Oltre a provare a rendere più attrattiva la medicina trasfusionale, stiamo già studiando una serie di proposte per offrire, in ambito medico, un calendario di didattiche elettive che gli studenti possano scegliere durante il corso di laurea».

 

È un percorso formativo che pensate di riproporre?

«Assolutamente sì, questa edizione finirà a dicembre 2023, ma vogliamo riproporla perché sicuramente è un’esigenza che non si esaurirà nel corso dell’anno. Spesso ci si dimentica di quanto il settore trasfusionale sia strategico per assicurare le regolari attività sanitarie: da quelle d’urgenza a quelle di routine, senza scorte di emocomponenti un ospedale non sarebbe in grado di fare nulla».

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