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“Senza confini”, a Padova il convegno di AVIS per rilanciare inclusione sociale e solidarietà

Creare un modello di inclusione per dare vita a una rete che garantisca tutela e salute per tutti. È stato questo l’obiettivo con cui AVIS Nazionale, in collaborazione con le Avis Regionale Veneto, provinciale e comunale di Padova, ha organizzato il convegno “Senza confini. Il dono tra etica, inclusione e accoglienza”.   L’evento, tenutosi nella Sala Elettra del Palazzo della Salute di Padova, rientra tra le prime iniziative organizzate per l’intero 2020, anno in cui si celebra la città veneta come Capitale europea del volontariato. La mattinata, moderata dalla giornalista Paola Severini Melograni, ha rappresentato un’occasione preziosa di dibattito e confronto non solo all’interno del mondo Avis, ma anche tra altre realtà associative, istituzioni, medici e pazienti che, grazie all’attività dei donatori, possono curarsi e vivere.   Come ha sottolineato il presidente di AVIS Nazionale, Gianpietro Briola, “siamo qui per costruire insieme la comunità che immaginiamo, una comunità sempre più unita e solidale. Il nostro ruolo di volontari ci impegna a diffondere la cultura del dono: essere volontari significa guardare all’umanità e per questo vogliamo essere un modello per le persone che hanno bisogno. Occorre smettere di considerare maggiormente chi ha, valorizzando invece chi è”.   Significativo, soprattutto in ottica del completamento della riforma del Terzo Settore, è stato l’intervento del Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le Politiche Sociali, Stanislao Di Piazza: “Padova mi ha insegnato che qui esiste un modo diverso di unire il lavoro e l’impegno senza scopo di lucro. Chi dona lo fa in maniera disinteressata, sapendo che con la sua scelta contribuisce a salvare vite umane. Il nostro impegno, come Governo, per ultimare la riforma del Terzo Settore, deve proseguire proprio in questa direzione, tutelando l’attività di chi, come Avis, quotidianamente si dedica agli altri”.   Da Bruxelles, dove è eurodeputato, ha inviato il proprio saluto Pietro Bartolo, il medico simbolo dell’accoglienza per aver assistito e curato i migranti sbarcati a Lampedusa: “Aiutare gli altri significa abbattere le barriere. Come abbiamo fatto in occasione dei soccorsi in mare, così dobbiamo agire nella vita di tutti i giorni per aiutare chi è più in difficoltà. Avis è l’esempio di tutto questo”.

L’importanza del volontariato, inteso come “volontariato del sangue”, è stata ribadita anche dal presidente di Avis provinciale Padova, Luca Marcon: “La nostra associazione ha avuto questo merito, le istituzioni sono arrivate dopo. Il dovere che ciascuno di noi deve perseguire è quello di far capire al legislatore cosa c’è dietro l’attività dei donatori e qual è l’esigenza di chi dona e riceve il sangue”. Un sentimento di accoglienza e inclusione che, come ha spiegato il presidente di Avis comunale Padova, Enrico Van De Castel, “vede in questa città il proprio simbolo. Donne e uomini hanno capito quanto aggregante sia il volontariato e la stessa cosa riguarda gli studenti”.   Chi ha definito il volontariato e, conseguentemente, la scelta dei donatori un vero e proprio “pezzo d’Italia”, è stato il presidente dell’Avis Regionale Veneto, Giorgio Brunello: “Noi costruiamo ponti, valorizziamo le differenze e uniamo la società in un periodo in cui invece c’è chi è più impegnato ad alzare muri, evidenziare le differenze e dividere”.   Xenofobia, razzismo, pregiudizio e paura dell’altro sono invece le “malattie” che, secondo il presidente dell’associazione Migranti della Venezia Orientale, Roberto Soncin, “è possibile curare attraverso la scelta di regalare il proprio sangue agli altri. I confini che gli uomini hanno costruito non sono forti come la volontà di Avis”. E poi un invito: “Proviamo a rafforzare sempre di più le collaborazioni con i rappresentanti di tutte le nazionalità presenti nel nostro Paese”.   Sempre su questo tema, Maurizio Ambrosini, docente di Sociologia delle Migrazione all’università di Milano, ha spiegato come ci sia una “percezione distorta dell’immigrazione. Paure e odio sono sentimenti che vengono rivolti a coloro che, invece, in molte situazioni, contribuiscono alla crescita economia e sociale del nostro Paese”.   Alle parole del dottore, sempre in tema migranti e integrazione, hanno fatto eco quelle di Andi Nganso, medico camerunense e referente Public Health della Croce Rossa Italiana: “In una civiltà multietnica c’è sempre più bisogno anche di donatori che vengano da aree diverse del mondo. Il razzismo è l’effetto di un Paese e di una società che è ancora alle prese con i problemi di una mancata propria identità”.   Il volontariato, inteso come donazione del sangue, è una scelta che contribuisce a garantire cure e speranze di vita a tanti pazienti. Toccante, in questa ottica, è stata la testimonianza di Agathe Wakunga, una giovane donna di origini congolesi, affetta da drepanocitosi (una malattia genetica rara del sangue che richiede costanti trasfusioni): “L’emozione di mio figlio quando ha scoperto che ogni anno si celebra la Giornata mondiale del donatore mi ha dato la spinta per farmi avanti e ringraziare chi, con il proprio gesto, mi permette di essere qui. Ricevere sacche di sangue per me significa avere il più potente antidolorifico che mi permette di reagire alle mie cicliche crisi occlusive”.   Oltre che per aver ospitato la presentazione dell’iniziativa “Il sangue non ha colore”, promossa dall’Avis comunale di Lecco in collaborazione con Anolf (l’Associazione nazionale oltre le frontiere), il convegno di Padova è stato il palcoscenico per parlare dell’impegno della nostra Associazione al fianco delle persone con disabilità. A tale proposito, la Responsabile dei progetti comunicativi di AVIS Nazionale, Claudia Firenze, ha introdotto in anteprima il progetto di sensibilizzazione avviato con le ginnaste paralimpiche della Fisdir, rappresentata in sala dal delegato del Veneto, Michele Bicciato.   Ma non solo: il presidente di AVIS Nazionale, Gianpietro Briola, e quello della Uildm (l’Unione italiana lotta alla distrofia muscolare), Marco Rasconi, hanno sottoscritto un protocollo d’intesa che impegna entrambe le realtà a promuovere e diffondere le rispettive attività. Nei prossimi giorni vi parleremo in maniera più dettagliata di questa partnership che, è il caso di dirlo, supera ogni barriera.

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Creare un modello di inclusione per dare vita a una rete che garantisca tutela e salute per tutti. È stato questo l’obiettivo con cui AVIS Nazionale, in collaborazione con le Avis Regionale Veneto, provinciale e comunale di Padova, ha organizzato il convegno “Senza confini. Il dono tra etica, inclusione e accoglienza”.   L’evento, tenutosi nella Sala Elettra del Palazzo della Salute di Padova, rientra tra le prime iniziative organizzate per l’intero 2020, anno in cui si celebra la città veneta come Capitale europea del volontariato. La mattinata, moderata dalla giornalista Paola Severini Melograni, ha rappresentato un’occasione preziosa di dibattito e confronto non solo all’interno del mondo Avis, ma anche tra altre realtà associative, istituzioni, medici e pazienti che, grazie all’attività dei donatori, possono curarsi e vivere.   Come ha sottolineato il presidente di AVIS Nazionale, Gianpietro Briola, “siamo qui per costruire insieme la comunità che immaginiamo, una comunità sempre più unita e solidale. Il nostro ruolo di volontari ci impegna a diffondere la cultura del dono: essere volontari significa guardare all’umanità e per questo vogliamo essere un modello per le persone che hanno bisogno. Occorre smettere di considerare maggiormente chi ha, valorizzando invece chi è”.   Significativo, soprattutto in ottica del completamento della riforma del Terzo Settore, è stato l’intervento del Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le Politiche Sociali, Stanislao Di Piazza: “Padova mi ha insegnato che qui esiste un modo diverso di unire il lavoro e l’impegno senza scopo di lucro. Chi dona lo fa in maniera disinteressata, sapendo che con la sua scelta contribuisce a salvare vite umane. Il nostro impegno, come Governo, per ultimare la riforma del Terzo Settore, deve proseguire proprio in questa direzione, tutelando l’attività di chi, come Avis, quotidianamente si dedica agli altri”.   Da Bruxelles, dove è eurodeputato, ha inviato il proprio saluto Pietro Bartolo, il medico simbolo dell’accoglienza per aver assistito e curato i migranti sbarcati a Lampedusa: “Aiutare gli altri significa abbattere le barriere. Come abbiamo fatto in occasione dei soccorsi in mare, così dobbiamo agire nella vita di tutti i giorni per aiutare chi è più in difficoltà. Avis è l’esempio di tutto questo”.

L’importanza del volontariato, inteso come “volontariato del sangue”, è stata ribadita anche dal presidente di Avis provinciale Padova, Luca Marcon: “La nostra associazione ha avuto questo merito, le istituzioni sono arrivate dopo. Il dovere che ciascuno di noi deve perseguire è quello di far capire al legislatore cosa c’è dietro l’attività dei donatori e qual è l’esigenza di chi dona e riceve il sangue”. Un sentimento di accoglienza e inclusione che, come ha spiegato il presidente di Avis comunale Padova, Enrico Van De Castel, “vede in questa città il proprio simbolo. Donne e uomini hanno capito quanto aggregante sia il volontariato e la stessa cosa riguarda gli studenti”.   Chi ha definito il volontariato e, conseguentemente, la scelta dei donatori un vero e proprio “pezzo d’Italia”, è stato il presidente dell’Avis Regionale Veneto, Giorgio Brunello: “Noi costruiamo ponti, valorizziamo le differenze e uniamo la società in un periodo in cui invece c’è chi è più impegnato ad alzare muri, evidenziare le differenze e dividere”.   Xenofobia, razzismo, pregiudizio e paura dell’altro sono invece le “malattie” che, secondo il presidente dell’associazione Migranti della Venezia Orientale, Roberto Soncin, “è possibile curare attraverso la scelta di regalare il proprio sangue agli altri. I confini che gli uomini hanno costruito non sono forti come la volontà di Avis”. E poi un invito: “Proviamo a rafforzare sempre di più le collaborazioni con i rappresentanti di tutte le nazionalità presenti nel nostro Paese”.   Sempre su questo tema, Maurizio Ambrosini, docente di Sociologia delle Migrazione all’università di Milano, ha spiegato come ci sia una “percezione distorta dell’immigrazione. Paure e odio sono sentimenti che vengono rivolti a coloro che, invece, in molte situazioni, contribuiscono alla crescita economia e sociale del nostro Paese”.   Alle parole del dottore, sempre in tema migranti e integrazione, hanno fatto eco quelle di Andi Nganso, medico camerunense e referente Public Health della Croce Rossa Italiana: “In una civiltà multietnica c’è sempre più bisogno anche di donatori che vengano da aree diverse del mondo. Il razzismo è l’effetto di un Paese e di una società che è ancora alle prese con i problemi di una mancata propria identità”.   Il volontariato, inteso come donazione del sangue, è una scelta che contribuisce a garantire cure e speranze di vita a tanti pazienti. Toccante, in questa ottica, è stata la testimonianza di Agathe Wakunga, una giovane donna di origini congolesi, affetta da drepanocitosi (una malattia genetica rara del sangue che richiede costanti trasfusioni): “L’emozione di mio figlio quando ha scoperto che ogni anno si celebra la Giornata mondiale del donatore mi ha dato la spinta per farmi avanti e ringraziare chi, con il proprio gesto, mi permette di essere qui. Ricevere sacche di sangue per me significa avere il più potente antidolorifico che mi permette di reagire alle mie cicliche crisi occlusive”.   Oltre che per aver ospitato la presentazione dell’iniziativa “Il sangue non ha colore”, promossa dall’Avis comunale di Lecco in collaborazione con Anolf (l’Associazione nazionale oltre le frontiere), il convegno di Padova è stato il palcoscenico per parlare dell’impegno della nostra Associazione al fianco delle persone con disabilità. A tale proposito, la Responsabile dei progetti comunicativi di AVIS Nazionale, Claudia Firenze, ha introdotto in anteprima il progetto di sensibilizzazione avviato con le ginnaste paralimpiche della Fisdir, rappresentata in sala dal delegato del Veneto, Michele Bicciato.   Ma non solo: il presidente di AVIS Nazionale, Gianpietro Briola, e quello della Uildm (l’Unione italiana lotta alla distrofia muscolare), Marco Rasconi, hanno sottoscritto un protocollo d’intesa che impegna entrambe le realtà a promuovere e diffondere le rispettive attività. Nei prossimi giorni vi parleremo in maniera più dettagliata di questa partnership che, è il caso di dirlo, supera ogni barriera.

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