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Solidarietà e impegno civico, l’importanza strategica dei donatori stranieri per il nostro sistema sangue

Un ruolo determinante per fornire risposte omogenee alle necessità di migliaia di pazientiUn ruolo determinante per fornire risposte omogenee alle necessità di migliaia di pazienti

Un ruolo determinante per fornire risposte omogenee alle necessità di migliaia di pazienti. È quello che ricoprono in Italia i donatori di origine straniera che, sempre di più, stanno rappresentando una risorsa strategica per garantire il fabbisogno del nostro intero sistema sangue. Quello dei cosiddetti “nuovi cittadini” nel mondo del volontariato, è stato il tema al centro dell’indagine nazionale promossa da CSVNet, a cui ha partecipato anche AVIS Nazionale, che ha prodotto un libro intitolato appunto “Volontari inattesi”, presentato nel corso del webinar dello scorso 22 giugno. Un lavoro che ha raccontato anche dieci progetti territoriali di eccellenza, riportando le esperienze e i dati di cinque grandi reti nazionali del terzo settore. 

 Come ha spiegato il vice presidente di Avis Regionale Toscana e Consigliere Nazionale, Luciano Franchi, intervenuto all’incontro, «per noi partecipare a questa ricerca ha rappresentato un’occasione straordinaria per ribadire la forza strategica che i cittadini immigrati hanno non solo nel mondo del volontariato, ma nella stessa attività quotidiana della nostra associazione». Una forza che si manifesta nella massiccia partecipazione che queste persone hanno nella vita avisina: «Sono 47mila gli iscritti stranieri – racconta – di cui circa 30mila provenienti da Paesi comunitari. La maggior parte di loro arriva da Romania, Albania e Marocco, ma molti appartengono anche alle comunità indiane dei Sikh o del Senegal».  Luciano Franchi durante il suo intervento nel webinar di CSVNetAlla base di questo coinvolgimento nel volontariato del sangue non c’è solo la predisposizione verso l’aiuto al prossimo, ma anche la capacità da parte di AVIS, nella fattispecie, di aver capito che per favorire l’integrazione era necessario studiare le culture esistenti alle spalle di questo flusso migratorio: «Insieme alle università di Torino e Pisa abbiamo avviato delle ricerche per stabilire la miglior forma di dialogo utile a creare un rapporto solido di fiducia reciproca – prosegue Franchi – Un percorso nel quale è stato fondamentale non solo l’impegno dei nostri volontari del Servizio Civile, ma anche la collaborazione con i centri culturali delle singole comunità presenti in Italia e con le associazioni di donatori dei singoli Paesi di origine. Abbiamo capito che quella di far conoscere nelle nazioni di provenienza il proprio ruolo all’interno della nostra società, era una necessità primaria per queste persone». Non importa insomma chi sono e da dove vengano le persone che decidono di costruire un nuovo percorso per la propria vita ripartendo dall’Italia, ma come ciascuno di noi si dimostri capace di coinvolgerle per renderle protagoniste attive e partecipi della vita di tutti i giorni.

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