C’è un detto secondo cui “volere è potere”. Soprattutto nei momenti più complicati. Ecco, di momenti complicati questo 2020 ne ha presentati diversi, uno su tutti il Covid-19. Il manifestarsi di questo nemico, tanto invisibile quanto difficile da sconfiggere, si è portato dietro una lista interminabile di disagi che, in un modo o nell’altro, hanno condizionato e stanno condizionando tuttora la vita quotidiana di ciascuno di noi.
Il destino ha voluto che, poco prima che il virus si manifestasse con tutta la sua aggressività, un giovane iniziasse il suo cammino nel Servizio Civile con AVIS. In Molise, a Campobasso per la precisione. Quel giovane si chiama Emanuele Casmirro, ha 23 anni e studia Scienze Infermieristiche nel capoluogo molisano dove vive con la sua famiglia. È stato lui a spiegarci il significato di quel “volere è potere”, di quella determinazione straordinaria riscontrata in chi, da sempre, anima questa associazione: i donatori.
Come mai hai deciso di avvicinarti ad AVIS e al Servizio Civile?
«Sono qui dalla fine di febbraio. È iniziato tutto per caso, pur non essendo io un donatore. Avevo il desiderio di fare un’esperienza che mi portasse un po’ fuori dal mio settore di competenza, per entrare in contatto con persone nuove e mansioni differenti. Qui, insieme a un’altra ragazza con cui condivido questo percorso, ci occupiamo principalmente della gestione dei kit per la donazione di sangue e plasma, nonché di tutta la parte amministrativa e contabile legata agli spostamenti degli autisti che trasportano provette e sacche di emocomponenti alle strutture sanitarie».
Emanuele Casmirro al lavoro nella sede Avis
Quali erano le tue aspettative e di cosa ti piace occuparti in particolare?
«AVIS è una realtà consolidata qui a Campobasso. Quello che faccio mi piace perché per me è un qualcosa di completamente nuovo e mi piacerebbe fare sempre di più, ad esempio essere maggiormente coinvolto nell’accoglienza dei donatori e nella loro assistenza durante tutte le fasi della raccolta. Spero ci possa essere l’occasione per farlo».
Cosa significa per te essere parte attiva di una realtà che fa della solidarietà e del volontariato i propri principi cardine?
«Essere qui e indossare il nome di AVIS per me è un vanto. Far parte di un’associazione che rappresenta un patrimonio nazionale e riconosciuto anche all’estero è un’opportunità straordinaria per entrare sempre più nel significato profondo dell’essere volontari. Aiutare gli altri, conoscere la storia avisina e i suoi presidenti, sono cose che non capitano tutti i giorni. Io, nel mio piccolo, cerco di contribuire a rendere sempre più efficiente questa macchina incredibile».
La professione che hai scelto ti porterà a stare costantemente a contatto con persone che hanno bisogno: quanto di questo bagaglio con AVIS ti porterai dietro?
«Mi porterò dietro moltissimi insegnamenti, primo tra tutti la determinazione e la costanza di coloro che fanno di questa associazione una vera e propria istituzione: i donatori. Quando vedi sempre le stesse persone presentarsi in unità di raccolta capisci che non c’è niente di più forte dello spirito che spinge un volontario. Quando si vuole una cosa si fa, senza alcun tipo di problema o di limitazione. Persone convinte della propria scelta che non si sono fermate e non si stanno fermando nemmeno durante la pandemia. Tutto questo mi ha fatto pensare alla mia professione e a quanto mi servirà».
Quanto è stato, a marzo, ed è importante, oggi, secondo te il ruolo del volontariato nella fase dell'emergenza Coronavirus?
«Direi che è fondamentale. Già durante il primo lockdown c'era la consapevolezza di come, nonostante la pandemia, la vita dovesse andare avanti lo stesso, così come dovessero essere garantite le terapie per i pazienti. I donatori lo hanno capito e hanno superato le paure iniziali del recarsi in ospedale, continuando a fare il proprio dovere di volontari: anche con mascherine, guanti, distanziamento sociale, nulla ha fermato o ridimensionato la determinazione di tutte queste persone. Volere è potere e i donatori ne sono la dimostrazione vivente, anche in questa seconda ondata».
Quale consiglio daresti a un giovane che si approccia al mondo del volontariato?
«Si tratta di un’esperienza che ti arricchisce e per qualsiasi giovane della mia età, o anche più piccolo, è importante perché ti rende più responsabile. Impariamo a gestire le responsabilità, i rapporti con persone nuove e ad adempiere agli incarichi che ci vengono affidati. Un approccio maturo e costruttivo in vista del futuro lavorativo. Il Servizio Civile in AVIS è tutto questo: a livello emotivo l’impatto è fortissimo, i legami che si creano sono unici e il modo in cui si viene accolti è impagabile. Una vera e propria grande famiglia, sono stato molto colpito da tutto ciò, non me lo aspettavo ed è stata una bellissima sorpresa».