Celebrare l’importanza della donazione di sangue e plasma e di tutti i donatori che, con il loro gesto gratuito e volontario, garantiscono cure e terapie salvavita ai pazienti cronici. È stato questo l’obiettivo del webinar promosso da AIP (l’Associazione italiana immunodeficienze primitive) giovedì 4 giugno intitolato “Emergenza Covid-19. Il ruolo fondamentale della donazione di plasma e sangue”, il quinto del ciclo di incontri “Aip Live@Home”. Il presidente di AIP, Alessandro SegatoUn momento di confronto che ha visto intervenire, oltre al presidente dell’associazione, Alessandro Segato, anche il presidente di AVIS Nazionale, Gianpietro Briola, e il direttore del Centro nazionale sangue, Giancarlo Liumbruno, che insieme oltre ad aver fatto il punto sulla situazione attuale in termini di raccolta e risposta delle singole regioni alle difficoltà iniziali, hanno risposto alle domande dei numerosi pazienti che hanno assistito a distanza all’appuntamento. Moderato dal Responsabile delle relazioni istituzionali di Aip, Filippo Cristoferi, il dibattito si è aperto con i saluti del presidente Segato e il suo «grazie ai donatori perché è grazie a loro se siamo qui e possiamo vivere una vita normale. Aver riunito oggi pazienti e donatori serve proprio a questo: a noi per capire l’importanza di quel gesto che ci permette di avere cure e terapie salvavita, a loro per acquisire ancor più consapevolezza degli effetti straordinari prodotti dalla scelta etica e volontaria che li rende un patrimonio umano e sociale». Scelta etica e volontaria da cui è iniziata l’analisi di Liumbruno e Briola sulla situazione che vive oggi il nostro sistema sangue dopo la fase critica della pandemia: «Non avevamo idea che il Covid potesse essere così impattante sulla nostra attività – ha spiegato Liumbruno – con una flessione delle donazioni a inizio marzo che aveva generato un po’ di apprensione. Poi grazie agli appelli e alle rassicurazioni sulla sicurezza del sistema trasfusionale e del rischio nullo di trasmissione del virus attraverso la donazione, la situazione è rapidamente tornata alla normalità». Grazie alla risposta dei donatori: «La paura iniziale era quella di poter infettare i riceventi e, successivamente, di contrarre il virus recandosi nelle strutture ospedaliere – ha proseguito Briola – Poi una serie di campagne di comunicazione e sensibilizzazione, come #escosoloperdonare che abbiamo avviato come AVIS, hanno trasmesso fiducia nelle persone e garantito trasfusioni e terapie salvavita a tanti pazienti, in particolare cronici». Una serie di azioni che, come entrambi hanno riconosciuto all’unanimità, «ci hanno portato a riorganizzare il processo di chiamata e convocazione dei donatori, prenotando le donazioni così da evitare assembramenti nelle unità di raccolta e assicurare tutte le tutele necessarie ai donatori stessi e al personale sanitario. Un tema, quello della prenotazione, che dovrà rappresentare la linea guida delle nostre attività future». Unito necessariamente, come già contenuto nell’emendamento al Decreto Rilancio approvato dall’Area Servizi Trasfusionali, alla revisione degli orari e alla flessibilità di accesso ai servizi trasfusionali così da facilitare l’ingresso e contribuire sempre più attivamente all’autosufficienza nazionale.
Il direttore del Cns, Giancarlo LiumbrunoOmogenea, secondo Liumbruno, è poi stata la risposta delle singole regioni all’emergenza: «I dati registrati nel 2019 avevano dimostrato una tendenza costante e lineare nelle quantità di sangue e plasma raccolti, senza flessioni nemmeno nel periodo dell’influenza, un fattore agevolato dal vaccino gratuito somministrato ai donatori. Altri territori hanno avuto maggiori difficoltà non tanto in fase di raccolta, quanto di utilizzo degli emocomponenti in virtù di maggiori concentrazioni di patologie come la talassemia che richiedono scorte ingenti di sacche. Per quanto riguarda il plasma – ha proseguito – stiamo rispettando quanto previsto dal piano quinquennale con le regioni del Sud che stanno aumentando le raccolte e raggiungendo gli obiettivi prefissati. Questo però non deve farci abbassare la guardia, in quanto il coronavirus ci insegna che lavorare sulla programmazione è fondamentale». Le difficoltà, almeno sotto il profilo organizzativo, secondo Briola si sono avvertite di più «nelle regioni in cui il virus è stato più aggressivo, come Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna. Questo ha comportato una rivoluzione degli ospedali per la gestione dei pazienti positivi che ha condizionato anche la regolare attività dei servizi trasfusionali. A questo si è poi aggiunta la confusione di alcuni amministratori locali che ha generato ulteriore disorientamento nei donatori. Oggi, però, la situazione è tornata sotto controllo».
Il presidente di AVIS Nazionale, Gianpietro BriolaProprio i donatori hanno poi iniziato a rivolgere una serie di domande su questioni legate alla stretta attualità, come ad esempio la possibilità di effettuare tamponi o test sierologici su chi dona il sangue. Come ha spiegato Briola, «non sono previste indagini di questo tipo in quanto non è dimostrata alcuna trasmissione del Covid per via trasfusionale. Stesso discorso per i test anticorpali che servono per valutare l’epidemiologia della malattia e non per stabilire se si possa donare o meno il sangue». Un messaggio, poi, alle nuove generazioni: «Occorre sensibilizzare, soprattutto a scuola, per educare alla solidarietà e alla condivisione umana che sono i valori cardine su cui dovrebbe basarsi la vita in comunità. La donazione rientra in questi valori, ecco perché chiediamo ai giovani che abbiano compito 18 anni di avvicinarsi a questo mondo e dare il proprio contributo per la salute di tutti». Infine il concetto di sangue e plasma come beni pubblici a disposizione del nostro Sistema sanitario nazionale: «Come globuli rossi siamo autosufficienti da molti anni – ha risposto Liumbruno a una domanda se il sangue potesse arrivare anche dall’estero – ma ove vi fosse la necessità, esistono delle normative europee che garantiscono qualità e sicurezza a chiunque dovesse sottoporsi a una trasfusione nei Paesi dell’UE. Ma in Italia questa eventualità non c’è, il sangue è dei nostri donatori. Per quanto riguarda i farmaci plasma derivati, in particolare le immunoglobuline, circa il 75% viene ricavato dal plasma dei donatori italiani». Chiede qualcuno, la donazione resterà sempre gratuita? «In Italia esiste una norma precisa (la legge n°219 del 21 ottobre 2015, ndr) che disciplina le attività trasfusionali e la produzione nazionale degli emoderivati e che è espressione della volontà di un Paese di mantenere la donazione come un gesto non remunerato – conclude Liumbruno – in virtù di quei Livelli essenziali di assistenza previsti dal SSN che vengono garantiti gratuitamente a tutti i pazienti». Anche perché, come conclude Briola, «laddove la donazione rimane solidale abbiamo avuto dimostrazione che c’è maggiore disponibilità dei donatori anche in fase di emergenza, a differenza di quei Paesi dove, anche di fronte a un contributo economico in cambio, in molti decidono di rinunciare per tutelare la propria salute. E il Covid-19 ha ribadito questo concetto ancora una volta. Autosufficienza e farmaci derivati da plasma etico sono le garanzie più importanti per tutti i pazienti».
